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mercoledì 16 agosto 2023

Ⅰ ~ 16 agosto 2023 ~

Ⅰ  16 AGOSTO 2023 

— INTRODUZIONE 

Ho aperto questo blog personale per condividerci sopra i miei pensieri, le mie esperienze e ciò che accade nella mia vita. Non so se ci scriverò quotidianamente, tuttavia penso che lo userò varie volte.

~ Nacqui; piansi; tacqui; giacqui 



Continuiamo ad immergerci dell'Odissea della vita, con le sue infinite onde che ti bagnano e ti pervadono ogni giorno.

Se andassi su un'isola deserta e potessi portarmi solo dieci dei miei album preferiti (magari in vinile e con un grammofono, non avendo a disposizione l'energia elettrica), direi i seguenti (li ho scritti in ordine sparso, non in ordine di preferenza):

   1. Hosianna Mantra dei Popol Vuh (1972);
   2. Treasure dei Cocteau Twins (1984);
   3. Happy Sad di Tim Buckley (1969);
   4. Taiji no Yume di Yoshiko Sai (1977);
   5. Hejira di Joni Mitchell (1976);
   6. The Doors dei Doors (1967);
   7. Argus dei Wishbone Ash (1972);
   8. Led Zeppelin IV dei Led Zeppelin (1971);
   9. In the Court of the Crimson King dei King Crimson (1969);
   10. The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd (1973) (il mio album preferito in assoluto e la perfezione fatta disco, secondo me).

Tra tutti gli album che amo e che mi piacciono, sceglierei questi dieci capolavori della musica da portare con me e da ascoltare sempre su un'isola deserta. Comunque è stata dura sceglierne soltanto dieci.

Da diversi giorni sto riascoltando gli album solisti di Robert Plant. I suoi lavori da solista mi sono piaciuti fin dalla prima volta che li ascoltai e devo ammettere che fu una vera sorpresa per me, dato che molti anni fa non sapevo che ebbe una carriera da solista dopo i Led Zeppelin, band della quale fu il cantante. I suoi brani Moonlight in Samosa, Like I've Never Been Gone, Ship of Fools, Big Log, Little by Little e I Believe sono stupendi e li considero i suoi migliori pezzi. Ho rimasterizzato in 4K il video ufficiale del suo brano In the Mood, un altro che mi piace tanto. Penso che farò la stessa cosa con altri suoi video ufficiali, a cominciare da quello di I Believe.
Complimenti a Robert Plant per aver dimostrato che c'era molto altro da dire e da cantare dopo i magnifici Led Zeppelin. Egli è stato sino ad oggi un grande artista musicale e uno dei massimi cantanti della storia del Rock e della musica in generale — per me il migliore insieme a Tim Buckley e a Jim Morrison.

Tre brani dei Led Zeppelin che amo particolarmente: Ten Years Gone, The Rain Song e In the Light — quest'ultimo, a mio parere, è uno dei loro massimi capolavori ed il loro brano più misterioso, mistico ed anche unico; purtroppo non venne mai suonato dal vivo.
Molte volte accade che alcune canzoni di un determinato gruppo o artista non vengano apprezzate quanto meritino, finendo così nel dimenticatoio oppure venendo considerate secondarie o inferiori alle altre. Un esempio di questo è proprio la maestosa In the Light dei Led Zeppelin. Amo la tastiera di John Paul Jones e la batteria di John Bonham all'interno del pezzo, per non parlare della seminale chitarra di Jimmy Page.

La tecnica non conta. Io mi occupo di emozioni.” — Jimmy Page

Per me la musica è pura emozione e la sua quintessenza, dunque sono pienamente d'accordo.
La tecnica sarà sempre secondaria ed inferiore al talento e alla creatività nella musica.

Che album monumentale ed immortale che fu Physical Graffiti dei Led Zeppelin (1975), uno dei più grandi della storia del Rock e della musica. È sempre un piacere riascoltarlo. Kashmir, In My Time of Dying, Ten Years Gone e In the Light sono i suoi capolavori, dei brani superlativi.

Tutti hanno bisogno della luce.
“Light, light, light... In the light... Everybody needs the light...”

Io questo lo ricollego alla luce che venne nel mondo, Yeshua, DIO fatto uomo.
L'uomo non può rimanere nelle tenebre ma deve venire alla luce.
La vita è figlia della luce; la morte è figlia delle tenebre.

Giorni fa ho riascoltato — dopo tanto tempo — Io se fossi Dio di Giorgio Gaber, un brano che considero uno dei migliori della storia della musica italiana.
Gaber lo conobbi tanti anni fa grazie ad un mio vecchio amico del gruppo che frequentavo (un discofilo come me e un grande amante della musica), il quale lo ascoltava spesso e me lo consigliò, insieme a varie gemme rare di cantautori e gruppi che non conoscevo — I Cocteau Twins più di tutti.
Secondo me, Giorgio Gaber era il Roger Waters italiano, duro, critico, però allo stesso tempo vero, granitico ed unico come artista e cantautore. Per me è stato il più grande della storia della musica italiana insieme a Franco Battiato, due giganti — il mio terzo artista preferito è Paolo Conte, un altro grande della musica. Si può dire che egli sia riuscito a fondere il teatro con la musica (già lo avevano fatto i Genesis con Peter Gabriel nel Progressive Rock, grazie ai loro capolavori di album), soprattutto la critica e la satira — un esempio: il suo brano intitolato L'obeso.
Il giro di basso presente in Io se fossi Dio pezzo è stupendo e di alto livello. Il testo non ne parliamo... Potremmo definirlo il testamento di Gaber ed il pinnacolo della sua intera carriera musicale.

“Ma io non sono ancora nel Regno dei Cieli; sono troppo invischiato nei vostri sfaceli...”
Poesia...

Io ci aggiungerei: “Io, se fossi Dio, scenderei in mezzo alla gente, per vedere negli occhi chi dice la verità e chi mente...”

Il Signore lo fece in passato, quando si fece uomo e venne nel mondo come Yeshua, il Maestro e la Parola fatta carne.
Sicuramente, Io se fossi Dio è un brano per pochi e molti si indigneranno nell'ascoltarlo; io, invece, no e lo apprezzo molto (rispettando l'opinione e la critica di Gaber; ciò che apprezzo molto è la sua sincerità ed il suo essere franco e diretto verso tutti), oltre a considerarlo il miglior pezzo di Gaber, il suo capolavoro.
Alla fine aggiungo che Dio — anche se non comprendiamo il Suo disegno per ognuno di noi, le Sue scelte e delle volte non siamo d'accordo con Lui — è giusto e renderà ad ognuno ciò che merita, in base a ciò che ha seminato in vita, nel bene e nel male.

Posso dire che la vita è il grande palcoscenico creato e progettato da Dio, come prova generale per decidere chi dopo la morte sarà degno di vivere con Lui per l'eternità, con un popolo giusto e puro selezionato da Dio dopo il Giudizio.

Il debunker e l'opinionista sono i lavori più inutili e tragicomici che esistano.
Soltanto a leggere la parola debunker” mi viene da ridere. È fin troppo esilarante.

C'è un punto de Il Signore degli Anelli — una delle mie opere preferite in assoluto — che mi ha sempre affascinato sin da bambino, dopo che vidi Il Ritorno del Re — nel lontano 2003, ben vent'anni fa — e in seguito lessi i libri. Si tratta della seguente domanda: che cosa fecero Frodo e Bilbo dopo che lasciarono la Terra di Mezzo per andare a Valinor?
Cercherò dunque di fornire una risposta a questo punto — che condivisi mesi fa su Facebook e che scrivo anche qui.
Dunque, alcuni sostengono che Bilbo e Frodo siano rimasti a Tol Eressëa, la grande isola situata al largo del centro della costa di Valinor, nel continente di Aman — come una stella posta nella parte oscura della falce di luna. Questo può sia essere vero che non, poiché non vi è nulla negli scritti di Tolkien che suggerisca che fosse così, né che fosse necessario. Si tratta di un presupposto inesatto basato su un'errata interpretazione di uno dei saggi di Tolkien riguardo a Valinor, interpretando erroneamente la sua affermazione secondo cui le vite dei mortali sono fugaci a Valinor, come se Valinor stesso fosse mortale per i mortali, e che i raggi della santità dei Valar uccidessero i mortali. Non è così, giacché è la percezione del tempo in Aman che fa sembrare le vite mortali soltanto un mero battito di ciglia, rispetto alla prospettiva dell'esistenza degli esseri immortali e degli Ainur che dimorano là.
Probabilmente fu Galadriel ad andare a Tol Eressëa e a rimanervi, poiché era lì che scelsero di dimorare gli esuli dei Noldor che tornavano a casa; tuttavia, ciò fu per una sua scelta, non per mandato.
È sempre stata l'intenzione di Tolkien che la storia di Bilbo e Frodo finisca con loro due che salpano verso ovest. Sapere dunque cosa loro abbiano fatto a Valinor sarebbe come svelare un grande mistero che non ha una risposta certa e data dall'autore. Ad ogni modo, da quello che sappiamo, possiamo affermare in maniera certa questo: i due hobbit furono guariti da tutte le loro ferite, quelle fisiche, mentali e spirituali; poiché questo era lo scopo della navigazione dei Portatori dell'Anello verso ovest. I due Portatori avrebbero quindi vissuto il resto delle loro vite come meglio credevano, guarendo dalle loro ferite e vivendo in pace, con tale ricompensa che gli venne data, cioè l'essere ammessi nelle Terre Immortali. Ora, quando lasciò la Terra di Mezzo Bilbo era già incredibilmente vecchio, con 131 anni di età, anche se fisicamente ne aveva 70, facendo la distinzione tra l'età di un hobbit e quella di un uomo normale, che sono diverse (quindi aveva un po' più di tempo che gli rimaneva da vivere); Frodo, invece, aveva 51 anni, anche se fisicamente 34 — aveva dunque molto più tempo da vivere rispetto a suo zio Bilbo. Samvise Gamgee, essendo stato anche lui un Portatore dell'Anello (seppur per un breve periodo), salpò verso ovest in età avanzata, a 102 anni, ed anche Gimli in età molto avanzata per la sua gente (il popolo dei nani), a 262 anni circa. Sam e Gimli, che venne ammesso ad Aman per il suo amore verso gli elfi (la sua amicizia con Legolas ed il suo amore verso Galadriel), probabilmente hanno trascorso poco tempo lì, Bilbo un po' di più e Frodo molto di più, essendo stato quello più giovane che andò ad Aman. Per quanto riguarda quello che tutti loro abbiano effettivamente fatto con il tempo che trascorsero lì, penso che ciò dipenda dalla nostra immaginazione — ed è stupendo, a mio parere, poiché è il lettore stesso a dare una sua interpretazione.
Secondo me, Bilbo passò ogni giorno del resto della sua vita sempre in compagnia degli elfi, facendo loro ogni sorta di domanda e riportando tutto, magari scrivendo proprio un altro libro, annotando le informazioni ottenute, disegnando delle mappe e contemplando i magnifici paesaggi di Valinor. In fondo, la sua fu una nuova avventura. Per quanto riguarda Frodo, invece, penso che avrebbe voluto incontrare i Valar, in particolare Varda, conosciuta anche come Elbereth (la sposa di Manwë, il primo tra gli Ainur e i Valar fedeli a Eru Ilúvatar), oltre al fatto che avrà viaggiato molto, vedendo i diversi luoghi di Eressëa e Aman, dopo un periodo di guarigione dalle sue ferite.
Molto probabilmente Sam e Gimli non hanno vissuto a lungo ad Aman, data la loro veneranda età; tuttavia, se Frodo era ancora vivo quando Sam giunse là, visto che Frodo avrebbe avuto 114 anni (fisicamente 97, molto probabile per uno hobbit), i due potrebbero aver vissuto insieme gli ultimi anni della loro vita, da vecchi amici che si rincontravano dopo tanto tempo. Sam era 12 anni più giovane di Frodo. In merito alla sorte di Gimli è probabile che egli avrebbe visto Galadriel un'ultima volta, e forse avrebbe incontrato anche Aulë, l'Ainu che creò i nani. Va aggiunto anche che Gimli salpò verso ovest insieme a Legolas dopo la morte di Aragorn, Re di Gondor e di Arnor con il nome di Re Elessar, avvenuta per vecchiaia a 210 anni di vita, dopo ben 122 anni di regno, nell'anno 120 della Quarta Era. Legolas, giunto ad Aman con il suo amico nano, avrebbe vissuto lì la sua immortalità, essendo un elfo.
I restanti due membri della Compagnia dell'Anello, cioè Merry e Pipino (i quali furono molto legati a Re Aragorn), insieme a Faramir, Éowyn ed Éomer, morirono tutti di vecchiaia e in pace nella Terra di Mezzo. Faramir, il fratello del valoroso Boromir, venne nominato Principe dell'Ithilien da Aragorn e sposò Éowyn, con la quale ebbe un figlio, Elboron, che fu il ventottesimo Sovrintendente di Gondor della Casa di Húrin ed il secondo Principe dell'Ithilien. Il fratello di Éowyn, Éomer, divenne il nuovo re di Rohan (il diciottesimo, per la precisione), come successore di Re Théoden; sposò Lothíriel di Dol Amroth, figlia del Principe Imrahil, con la quale ebbe un figlio chiamato Elfwine; combatté insieme ad Aragorn contro gli Esterling e gli Haradrim, i popoli degli uomini malvagi che in passato furono alleati di Sauron — alcuni di loro divennero pacifici e vennero perdonati da Aragorn, mentre altri rimasero ostili e vennero sconfitti. Éomer morì di vecchiaia nell'anno 63 della Quarta Era, dopo ben 65 anni sul trono, all'età di 93 anni.
La sorte di Arwen Undómiel, figlia di Erlond e moglie di Aragorn, fu la più triste, poiché ella rinunciò alla vita un anno dopo la morte del suo amato Aragorn, nell'anno 121 della Quarta Era, quando aveva 2901 anni. Accadde proprio come le disse Erlond, tanti anni prima: per lei non ci sarebbe stato alcun conforto per alleviare il dolore della scomparsa di Aragorn, ed avrebbe così vissuto legata al suo dolore. Qui mi torna alla mente una delle frasi più belle e che racchiudono il significato dell'amore stesso, secondo me: «Preferirei dividere una sola vita con te che affrontare tutte le ere di questo mondo da sola», la frase che Arwen dice ad Aragorn nel film. I due ebbero due figlie e un figlio, Eldarion, il quale diventò il secondo re del Reame Unito di Gondor e Arnor, come successore di Aragorn, governando con saggezza e portando al suo popolo pace e prosperità, proprio come suo padre.
Aggiungo, infine, che Gandalf, essendo un Maia (proprio come Sauron e Saruman, conosciuti in origine come Mairon e Curunir o Curumo), quando giunse a Valinor ritornò alla sua vera forma originale (immagino il grande stupore di Bilbo e Frodo nel vedere la vera forma del loro amico, avendolo sempre visto con l'aspetto di un vecchio mago con la barba lunga); egli era immortale e il suo nome in origine era Olórin. La sua vera età era di quasi 55.000 anni (54.962 circa, per l'esattezza), essendo stato creato da Eru Ilùvatar prima di tutte le Ere del mondo, del tempo stesso e della Musica degli Ainur, con il canto che diede forma al mondo di Eä, al principio della creazione di Eru. Possiamo affermare che Gandalf è stato il più saggio e il più grande tra tutti i Maiar, forse anche più di Eonwë (l'Araldo di Manwë, il capo dei Valar), avendo portato a termine il suo compito e avendo anche ucciso un Balrog di Morgoth, il Flagello di Durin a Moria. Egli avrebbe trascorso in pace la sua immortalità a Valinor, fino alla fine dei tempi, con l'avvento della Dagor Dagorath — la battaglia delle battaglie e lo scontro finale tra il bene e il male all'interno dell'universo creato da Tolkien, molto simile all'Apocalisse della Bibbia. Ma questa è un'altra storia...
Questo è quanto. Ovviamente ho cercato di essere riassuntivo, dato che andrebbe detto molto più di quanto ho riportato nella mia risposta.
Io ho sempre amato immaginare quella nave con Gandalf, Frodo e Bilbo che salpava verso i più belli e lontani confini dell'immaginazione, quella di noi lettori che abbiamo amato il capolavoro di J. R. R. Tolkien.
Trovo bellissimo il fatto che nelle opere letterarie alcune domande restino senza una risposta, con quell'alone di mistero, dando così modo al lettore di immaginare e maturare una propria idea e risposta personale.

“Anche la persona più piccola può cambiare il corso del futuro” — la morale che amo di più tra quelle alla base de Il Signore degli Anelli.

Ogni artista ci dà la propria e personale visione della vita attraverso le sue opere: condivide con noi quell'attimo d'eternità che ha contraddistinto il suo vissuto, unico ed irripetibile.

I grandi pensano, si emozionano, contemplano questo meraviglioso mondo e i suoi capolavori, sapendo bene — non credendo — che è stato creato da Dio e che è contraddistinto da una profonda logica e una complessità frutto di un progetto intelligente (due cose che non appartengono al caso, cioè all'esatto opposto); i piccoli, invece, non pensano, non si emozionano, non contemplano il mondo né i capolavori di paesaggi che lo caratterizzano, credendo che esso sia governato dal caso e che si sia creato da solo, così dal nulla, oppure che sia sempre esistito. Dopotutto, l'emozione è per i forti e i puri; l'istinto, invece, è per i deboli e le bestie.
I grandi e i creativi ampliano, raffinano, abbelliscono e creano; i piccoli e gli sterili sintetizzano fino all'osso, rovinano, storpiano e rubano.
L'emozione, la virtù, l'altruismo, la gloria e l'immortalità sono per i grandi, i forti, gli uomini e i figli di Dio; l'istinto, l'egoismo, il vizio e la continua ricerca ed il bisogno della materialità, invece, sono per i piccoli, i deboli, le bestie e i figli del mondo.
La sostanza è per i veri, i forti e i creativi; l'apparenza è per i falsi, i deboli e gli sterili.

Nei miei scritti amo utilizzare il simbolo chiamato tilde — questo:  — e il trattino lungo (l'em dash), cioè questo: —. Lo faccio perché voglio dare un mio stile personale a ciò che scrivo, come ho sempre fatto con tutto il resto.

Per me l'arte e la musica danno colore alla vita, la quale sarebbe in bianco e nero senza di esse.

“L'uomo non può scoprire nuovi oceani se non ha il coraggio di perdere di vista la riva.” ~ André Gide

𝐈𝐨 𝐯𝐞𝐝𝐨 𝐜𝐢ò 𝐜𝐡𝐞 𝐭𝐮 𝐧𝐨𝐧 𝐯𝐞𝐝𝐞𝐬𝐭𝐢; 𝐭𝐮 𝐯𝐞𝐝𝐫𝐚𝐢 𝐜𝐢ò 𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐨 𝐧𝐨𝐧 𝐯𝐢𝐝𝐢.
   𝐂𝐢ò 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐚𝐫à è 𝐠𝐢à 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐨; 𝐜𝐢ò 𝐜𝐡𝐞 𝐟𝐮 è 𝐚𝐝𝐞𝐬𝐬𝐨. 𝐆𝐢𝐚𝐜𝐜𝐡é, 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐫𝐞𝐬𝐢 𝐬𝐢𝐧 𝐝𝐚 𝐛𝐚𝐦𝐛𝐢𝐧𝐨, 𝐧𝐨𝐢 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐯𝐢𝐯𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐚𝐭𝐭𝐫𝐚𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨 𝐮𝐧 𝐢𝐬𝐭𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐝'𝐞𝐭𝐞𝐫𝐧𝐢𝐭à.
      È 𝐮𝐧 𝐛𝐚𝐭𝐭𝐢𝐭𝐨 𝐞𝐭𝐞𝐫𝐧𝐨; è 𝐮𝐧 𝐞𝐪𝐮𝐢𝐥𝐢𝐛𝐫𝐢𝐨 𝐨𝐧𝐧𝐢𝐩𝐫𝐞𝐬𝐞𝐧𝐭𝐞; è 𝐮𝐧 𝐭𝐚𝐬𝐬𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥'𝐢𝐧𝐟𝐢𝐧𝐢𝐭à.

Il tempo ce lo dirà; nel frattempo, l'emozione scorrerà.

P Λ T H O Σ

© Kasus Pathos, 2023.
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